Due sono, in estrema sintesi, i settori di produzione: il "liscio", la lavorazione cioè a carattere più seriale, a sua volta in passato distinta in "tondo e rotondo" e "roba di fabbrica"; e "l'incisione", la creazione d'arte particolare e raffinata.
1) Scelta del corallo grezzo: il materiale grezzo pescato veniva lavato e diviso secondo dimensione, forma e colore, per poterne poi scegliere la più conveniente utilizzazione. Particolare la terminologia per distinguere il grezzo secondo la grossezza:
terraglio: cime e rametti sottili;
terraglione: rametti più grossi;
barbaresco: rami di 4-5 mm. di diametro;
corpo: rami di oltre 55 mm. di diametro;
mostra: parte di maggior grossezza;
paccottiglia: tronchi più diritti e senza ramificazioni;
2) Taglio: si svolgeva su un apposito banco di legno, incidendo il pezzo prima con una lima di acciaio a triangolo, poi più profondamente, con una spada a sega e recidendolo, infine, con una
grossa tenaglia;
3) Crivellatura: il corallo, già tagliato, diviso a gruppi e selezionato per colore, passava per una serie di crivelli dal fondo di ottone, con fori gradualmente più grandi, per ottenere varie
partite di diverse misure;
4) Foratura: utilizzando un trapanetto ad arco munito di punta di acciaio, il corallo veniva forato o a "passatoio", cioì da parte a parte, per essere infilato in collane; o a "mezzobuco", nel
caso di bottoni, palline, pendoli da fissare su perni;
5) Spianatura: in tale fase, il corallo, infilato in un filo di ferro rigidamente teso, veniva sgrossato su una mola di pietra arenaria;
6) Arrotatura o Arrotondatura: è la modellatura. Per la "roba di fabbrica", era effettuata con una grossa mola, azionata a mano. Per il "tondo e rotondo", occorreva una ulteriore rifinitura con
una lima di acciaio temperato a punta, detta "quadrella", per rendere perfetta la curva del pallino;
7) Depurazione del colore naturale per restituire al corallo il suo colore naturale e renderlo più vivo, esso
veniva immerso in un bagno di acqua ossigenata;
8) Lucidatura (Lustrata): i coralli venivano posti in sacchetti di tela o barili mossi eccentricamente insieme ad acqua saponata, polvere di pomice e di corno di cervo calcinato, per sfruttare
l'azione abrasiva di tali sostanze
9) Assortimento: i coralli venivano ulteriormente selezionati secondo misura, colore e qualità;
10) Infilatura: i coralli così assortiti erano composti in fili di varia lunghezza;
11) Brillantatura: lavorazione particolare a superficie sfaccettata ottenuta con un disco di ferro rotante, orizzontale, spalmato di polvere di smeriglio e acqua.
a) Frange: fili composti da cime sottili di corallo, lunghe dai 5 ai 50 mm. circa, bucate in senso orizzontale in
prossimità di una delle due estremità; la lunghezza dei coralli è digradante dal centro verso le estremità;
b) Spezzati: fili composti da piccole cime di corallo lunghe dai 4 ai 10 mm. circa, bucati al centro in senso orizzontale;
c) Rocchielli: piccole cime di corallo poco più spesse degli spezzati, diritte e con i bordi leggermente torniti;
d) Cupolini: rocchielli a punte completamente tornite;
e) Mezzi finiti: tronchetti di corallo simili ai cupolini ma lavorati al centro in modo da diminuirne lo spessore. Questo consentiva maggiore aderenza ad incastro tra i coralli, cosi da renderne
più fitta la sequenza;
f) Finiti: ulteriore lavorazione dei mezzi finiti: che permetteva di ottenere due pallini uniti tra loro. Nel punto di unione era praticato il foro per l'infilatura;
g) Cannettine: tronchetti diritti, di misura e spessore variabili, levigati in modo da assumere una forma cilindrica e bucati in senso longitudinale;
h) Mezzania: cannettine molto corte (fino a un massimo di 6 mm.), con i bordi smussati;
i) Chiattelle: rondelle di corallo, più o meno spesse, con i bordi arrotondati;
1) flotticelle: cilindri di corallo appena smussati alle estremità. Venivano preparati in fili da 45 a 240 cm. di lunghezza;
m) Olivette: coralli a forma di oliva, più o meno allungate;
n) Corpetti: piccoli globi di corallo, di lunghezza leggermente inferiore alle botticelle;
O) Corpi: corpetti leggermente più grandi (4-5 mm. di diametro);
p) Filotti: oggi denominati "corallo di fabbrica", hanno forma simile ai corpi ma dimensioni maggiori;
r) Tondo: pallini perfettamente sferici;
5) Maometti: tronchetti lunghi dai 3 ai 5 cm. e spessi 8 mm. circa e bucati in senso longitudinale.
Di queste lavorazioni solo alcune sono ancora oggi in uso.
LISCIO. TIPI DI CONFEZIONAMENTO
a) Colletti: fili di spezzati lunghi 18 cm.;
b) Sciarpe. spezzati e rocchielli lunghi circa 120 cm.;
c) Filo di grossezza: filo in cui venivano raccolti i coralli più grandi della partita lavorata;
d) Mazzi di grossezza: mazzi formati da un filo di grossezza e 24 fili tra loro uguali per forma e dimensioni;
e) Codini: piccoli fili che raccoglievano pochi grani di corallo molto grossi;
I) Caporesti: mazzi di fili dai 6 ai 12 mm. di spessore che raggiungevano un peso di 250 gr. ciascuno;
g) Fili accodati: fili con coralli dello stesso taglio posti in ordine decrescente dal centro verso le due
estremità;
h) Fili uguali: fili con coralli dello stesso taglio e della stessa grandezza.
INCISIONE. FASI DI LAVORAZIONE
1) Taglio: era effettuato con spada e tenaglia o con la sega circolare per i pezzi grossi, con uno scalpello, per quelli più piccoli;
2) Arrotatura: il procedimento, detto anche "aggarbatura", consiste va nel sagomare in forma ovale o tonda, con una
mola azionata a mano o a pedale, i pezzi tagliati per cammeo;
3) Messa in pece: è l'applicazione del pezzo sagomato su bastoncini di legno, detti fusi, utilizzando un mastice a caldo a base di pece greca, cera e scagliola;
4) Incisione: l'intaglio, operato con l'uso di bulini di varia forma e grandezza;
5) Depurazione e pulitura: staccato il pezzo dal fuso, esso viene sottoposto a un bagno di acqua ossigenata e poi levigato con pomice e olio. La lucidatura è completata da una spazzolatura con un
preparato a base di acido solforico ed un lavaggio finale in acqua corrente.